Studi e ricerche nel fotovoltaico stanno sempre più garantendo lo sviluppo di tecnologie efficienti, convenienti e longeve. E in questa direzione, la perovskite è l’emblema di queste trasformazioni.
Si tratta di un semiconduttore con una speciale struttura cristallina che lo rende particolarmente adatto alla tecnologia delle celle solari. Non solo: si tratta di una tecnologia che, se abbinata “in tandem” al silicio, potrebbe portare alla commercializzazione di pannelli fotovoltaici ad alta efficienza e ad alta potenza.
Commercializzazione che, secondo quanto emerge dai risultati di recenti studi accademici, non sarebbe così lontana.
La risposta dell’Università di Tecnologia di Kaunas
Secondo quanto emerge infatti dagli studi condotti dell’Università di Tecnologia di Kaunas (KTU), in Lituania, nei giorni scorsi sono stati raggiunti importanti risultati in termini di efficienza delle celle in perovskite. Si tratterebbe di un vero e proprio record: grazie a un nuovo processo di passivazione nelle celle solari, il team ha raggiunto un’efficienza del 21%.
I test hanno anche confermato il funzionamento stabile delle celle per 950 ore a 85 °C in luce continua.
Risultato? Oggi la tecnologia in perovskite si sta avvicinando sempre di più a quella in silicio in termini di affidabilità e durata. E questo significa che le celle con questa tecnologia potrebbero essere presto pronte alla produzione e commercializzazione di massa.
«La perovskite applicata alle celle è tra le tecnologie solari in più rapida espansione a livello mondiale», dichiara Kasparas Rakštys, ricercatore presso la Facoltà di Chimica dell’Università di Tecnologia di Kaunas (KTU) in Lituania. «Possono essere leggere, flessibili e, soprattutto, sono realizzate con materiali poco costosi».
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Limiti allo sviluppo

Tuttavia, il progresso di queste celle in perovskite è limitato dalla loro sfida più grande: la degradazione rapida.
Questo fenomeno porta a un calo dell’efficienza e delle proprietà del materiale quando esposto a condizioni atmosferiche variabili come umidità, temperatura o pressione.
Per rendere la tecnologia della perovskite commercialmente valida, è essenziale quindi garantirne la stabilità a lungo termine. Uno dei metodi più importanti per ridurre i difetti e proteggere la superficie da fattori esterni è la passivazione.
Questo processo rende la superficie della perovskite stabile e più resistente a temperatura, umidità e altre condizioni ambientali, prolungando così la durata dei prodotti.
Ma se nella perovskite ibrida, composta quindi da elementi organici e inorganici, questo processo aveva già dato buoni risultati, nella perovskite inorganica è più complicato.
“Tuttavia”, è quanto emerge dallo studio, “sintetizzando catoni di ammonio perfluorinati, è emerso come lo strato protettivo 2D aderisca meglio e in maniera stabile alla superficie della perovskite 3D, creando una struttura solida e resistente, anche a temperature maggiori”.
Una svolta tecnologica

Secondo l’esperto della KTU, questo è uno dei migliori risultati mai registrati per dispositivi basati su perovskite completamente inorganiche. «Sebbene le celle solari non raggiungano normalmente temperature così elevate in condizioni operative reali», continua Kasparas Rakštys, «questi test di stabilità standardizzati vengono utilizzati per valutarne la durabilità a lungo termine. Tale stabilità è praticamente paragonabile ai requisiti delle celle al silicio commerciali».
Per l’Università, questa ricerca rappresenta non solo una svolta tecnologica, ma anche un significativo riconoscimento a livello mondiale. I risultati dimostrano infatti come le tecnologie solari di nuova generazione si stanno avvicinando alla reale commercializzazione.
Per maggiori informazioni sullo studio, è possibile consultare il comunicato dell’Università di Tecnologia di Kanuas dal titolo “Next-generation perovskite solar cells are closer to commercial use”.


